Estrema propaggine meridionale delle Dolomiti di Brenta, è limitato a ponente dalla Val Dalgone e a levante dalla Valle di Jon.
La sua posizione è dominante sull'intero territorio del Comune di Stenico.
La vetta più elevata, “Cima Brugnòl”, totalmente inerbita, raggiunge la quota di m. 2221 e prosegue con il suo crinale fino ad infrangersi contro le pareti rocciose della maestoso “Castel dei Camosci”, m. 2532, (toponimo derivato dal nome dello splendido ungulato).
La montagna, oggi meta di escursionisti ed appassionati, affrancati nella loro faticosa ascesa dal sublime panorama che spazia dalle cime del Brenta, alle Prealpi Trentine, al Lago di Garda, al Gruppo Adamello Presanella, sino alle Alpi Retiche, ha rivestito in passato un ruolo fondamentale nello sviluppo e sostentamento delle popolazioni locali.
L'economia naturale, di tipo silvo-pastorale si è da sempre basata sul congruo sfruttamento delle scarse risorse che questo ambiente poteva offrire.
A testimonianza di questi trascorsi rimangono i ruderi della Malga Valandro, complesso costituito da uno stallone in muratura a quattro file, adibito al ricovero degli animali e di una cascina, fino all'anno 1928 di proprietà demaniali degli ex Comuni di Seo e Sclemo, ora facenti parte del Comune di Stenico ed affittate a suo tempo alla locale società Malga Valandro.
Il complesso già parzialmente abbandonato verso la metà del secolo scorso, è stato completamente distrutto alla fine degli anni settanta da una imponente slavina.
Profondi solchi, incavati nel selciato dalle lame metalliche delle slitte adibite al trasporto del fieno e della legna, caratterizzano i tratti ancora lastricati della strada che dal paese di Seo conduce alla malga.
L'attaccamento alla montagna e l'importanza delle sue pur modeste risorse è testimoniato dalle numerose diatribe sorte in passato tra le varie comunità per il suo sfruttamento e per la definizione dei confini.
Particolarmente interessante è la sentenza pronunciata nell'anno 1428 da Monsignor Alessandro Duca di Mazovia e Vescovo di Trento, per definire la lunga e talvolta cruenta controversia tra gli uomini di Stenico da una parte e quelli di Seo e Sclemo dall'altra, circa i confini occidentali del monte di Volandro.
Il documento originale e l'intera vicenda sono stati trattati nei dettagli e con dovizia di particolari nella pubblicazione “La Regola di Stenico”, del 1987 a cura del circolo ricreativo culturale "Stenico 80".
Le grandi praterie in quota, limitatamente al periodo estivo offrono ancora oggi, alloggio al pascolo di ovini.
12/2007 - A cura di Armando Morelli
Il camoscio (Rupicapra rupicapra) , ungulato autoctono di rilevanza storica per la zona, è presente oggi con una colonia consistente.
La sua frequentazione è marcata specialmente nel periodo invernale, quando la favorevole esposizione ed il particolare clima, creano sulle pendici a mezzogiorno della montagna un habitat ideale per lo svernamento.
Nel periodo estivo l' ungulato tende a stanziarsi verso le cime più alte.
Attualmente il territorio è condiviso da un'altra specie alloctona, il muflone (Ovis musimon), pecora selvatica originaria della Sardegna e della Corsica, introdotto negli anni settanta del secolo scorso per motivi essenzialmente venatori.
Nonostante i prelievi imposti a livello provinciale per limitarne la consistenza, ne sono stati censiti circa 180 esemplari.
Il capriolo (Capreolus capreolus) denota attualmente un leggero calo degli individui stanziati in quota, mentre nella campagna è presente con una buona densità.
La diminuzione demografica del capriolo, è accompagnata dall'aumento di compresenza del cervo (Cervus elaphus), specie in forte e costante espansione.
L'orso (Ursus arctos), quasi estinto nella zona a causa della persecuzione cui era oggetto (si ricorda che un esemplare era stato abbattuto in paese, nella stalla dei “Ciapere”, dove probabilmente si era intrufolato per fare razzia di animali), ha cominciato a frequentare nuovamente la montagna, in seguito al programma di ripopolamento denominato “Life Ursus” terminato nel 2004, che ha visto l'introduzione di diversi esemplari del plantigrado provenienti dalla Slovenia.
Nel 2005 l'Orsa Daniza ha scelto un'insenatura esposta a levante del monte Valandro, dove ha partorito trè cuccioli, destando molto interesse nei curiosi ed appassionati di questo plantigrado.
Nel periodo estivo, approfittando della presenza di ovini al pascolo, si sono insediati in zona diversi esemplari, i quali non hanno disdegnato di compiere alcune mattanze a danno dei greggi di pecore.
Le grandi praterie in quota, e la presenza di ovini, favorisce l' habitat della coturnice (Alectoris graeca) , specie della famiglia delle pernici, un uccello molto ambito al mondo venatorio ma rigorosamente limitato al prelievo, al fine di salvaguardarne la sopravvivenza.
Non manca di una buona presenza il gallo forcello (Lyrurus tetrix), della famiglia dei tetraonidi .
Sono invece limitati gli avvistamenti di Pernice Bianca (Lagopus mutus) e francolino di monte (Tetrastes bonasia), mentre è molto raro il gallo cedrone ( Tetrao urogallus) , uccello prudente e schivo, che predilige occupare un habitat particolare ( in quote medio-alte 1300- 2000).
Frequenti sono gli avvistamenti dell'aquila reale (Aquila chrysaetos), che non disdegna di nidificare sulle pareti rocciose a strapiombo sotto i prati d'alta quota, suo usuale territorio di caccia.
12/2007 - A cura di Armando Morelli
Il paesaggio vegetale del monte Valandro è molto variegato e interessante, a causa del notevole dislivello che divide la sua base dalla sommità.
La parte inferiore della montagna è caratterizzata da prati falciabili, ai quali si alternano coltivazioni di patate (Solanum tuberosum), di meli, (Malus Domestica), di viti (Vitis vinifera) , di mais (Zea mais) e ristrette zone boschive.
Oltre gli ottocento metri fino a quota 1600 m. slm. troviamo la Faggeta (Fagus silvatica) con esemplari plurisecolari.
Lungo le mulattiere che si inerpicano sulla montagna, è ancora oggi possibile notare alcuni di questi maestosi faggi, ognuno contraddistinto da uno specifico nome, come per esempio “il Fò dell'Acqua” per via della piccola fontanella naturale alla base della pianta, “il Fò Della Patina”, in virtù della materia simile alla patina usata per lucidare le scarpe, che esce da un foro, nella parte inferiore del tronco.
Intervallati alla faggetta, ma in zone più rupestri, troviamo speci termofile, come la Roverella, (Quercus pubescens), il Carpino Nero, (Ostria carpinifolia), l'Orniello (Fraxinus ornus), il Sorbo Montano (Surbus aria), il Pero Corvino (Amelanchier ovalis).
Tra le conifere svetta per la sua sagoma l'Abete Rosso (Picea abies) e il Pino Silvstre (Pinus silvestris).
Comuni sono anche il Larice (Larix decidua) e il Mugo (Pinus mugo) che si contendono il primato d'altitudine.
Questi ultimi li troviamo con individui stentati, fino ad oltre 2000 m.
Va ricordato un enorme larice plurisecolare con nove punte e una circonferenza di m. 5.60 ad 1 m. dal suolo.
Tale pianta millenaria, conosciuta con il nome di “Lares dei Neni” (dallo scotùm della famiglia Morelli, propietaria del fondo su cui si erge), è ancora in piena salute.
Più raro è l'abete bianco (Abies alba), specie che prediligie i versanti ombrosi e umidi.
E' presente anche se raro, il Tasso (Taxus baccata).
Estremamente ricca la vegetazione dell'alta quota, grazie al substrato calcareo e alla notevole presenza di affioramenti acidi.
Tra le specie più caratteristiche troviamo i rododendri che si dividono in due specie principali, il Rododendro rosso (Rhododendron ferrugineum) e il Rododendro peloso (hirsutum) oltre al loro ibrido, Rododendro intermedio (Rhododendrum x intermedia).
Spiccano per la loro superba fioritura anche il Gilio Martagone (Lilium martagon), l'Anemone del mt. Baldo (Anemone baldensis), le Anemone Alpina (Pulsatilla alpina) e Anemone sulfurea (Pulsatilla apiifolia), la Peonia Officiale (Paeonia officinalis), le Genziana di Clusius (Gentiana Clusii) e acaule (Gentiana acaulis), l'Androsace vitaliana (Androsace vitaliana), la Stella Alpina (Leontopodium alpinum), la Viola dei Pirenei (Viola pirenaica), Astragalo Depresso (Astragalus depressus) e la Minuartia Mutevole (Minuartia rostrata).
Sui ghiaioni calcarei crescono, Coridaline Gialla (Corydalis Lutea), Papavero Dorato (Papaver rheticum), Tlaspi a foglie rotonde (Thlaspi rutundifolia) e Linaiola Alpina (Linaria alpina).
Sulle rocce calcaree stupende sono le antesi di Primula Orecchia d'Orso (Primula auricola), Androsace elvetiva (Androsace helvetica), la Sassifraga di Burser (Saxifrage burserana) e Sassifraga mutata (Saxifraga mutata), Bonarota Comune (Paederota bonarota), Raponzolo di roccia (Physoplexis comosa),Eritrichio Nano (Eritrichium nanum).
Molte anche le orchidee, tra queste le comuni, Orchidea Militare (Orchis militaris), Orchidea Scimmia (Orchis simia), Orchidea Tridentata (Orchis tridentata), Ofride Fior di Ragni (Ophrys sphegodes), Ofride Insettifera (Orchis Insectivora), ecc.
Ma il vero gioiello del monte è una Brassicacea endemica, la Violaciocca Dorata (Erysinum aurantiacum) che nei mesi di giugno e luglio dipinge di giallo aranciato i pendii assolati e rupestri.
Questa specie trova il suo locus classicus proprio sul monte Valandro.
12/2007 - A cura di Marco Merli
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